Dislessia e Prismi Percettivi Attivi

Dislessia e Prismi Percettivi Attivi

Intervista al Dottor Da Silva, il medico portoghese che per primo ha studiato il collegamento tra dislessia e Sindrome da Deficit Posturale.

In questa intervista Da Silva, ci spiega perché i prismi percettivi attivi possono curare efficacemente i disturbi dell’apprendimento.

Dislessia . Se ne parla sempre più di frequente, ma in maniera ancora molto confusa. Da un lato abbiamo i nostri figli che arrancano a scuola, casi di insegnanti impreparati alla situazione e di genitori che non sanno a che santo votarsi. Dall’altro, abbiamo dislessici famosi che, attraverso le loro incredibili storie, ci raccontano l’arrivo al successo lungo un percorso minato dalle difficoltà, infondendoci la speranza di un futuro glorioso anche per i nostri ragazzi, nonostante i loro rendimenti scolastici.

Cerchiamo dunque di fare chiarezza parlandone con un esperto, il Dr Orlando Alves Da Silva, oculista, direttore del Dipartimento di strabologia dell’Ospedale Universitario Santa Maria di Lisbona, nonché Fondatore e Presidente della società portoghese di posturologia e dislessia.

 

Dott. Da Silva, come è approdato all’uso dei prismi per il trattamento della dislessia?

È una storia molto lunga, iniziata nel maggio 1977. In quel periodo ero responsabile del dipartimento di strabologia e ortottica dell’Ospedale di Santa Maria, il principale ospedale universitario di Lisbona. Il direttore del reparto di Oftalmologia in cui operavo, mi chiese di aiutare il Prof. Henrique Martins da Cunha, all’epoca primario del reparto di riabilitazione del nostro ospedale universitario,  nello studio di una nuova patologia che aveva chiamato Sindrome da Deficit Posturale SDP (lo studio fu pubblicato due anni dopo in Francia, edizioni Masson-Parigi), e sembrò notare, nei suoi pazienti, alcune implicazioni oculari. Per questo, aveva bisogno della mia assistenza per approfondire scientificamente la questione.

Mi mostrò un paziente che dava cattivi risultati oculomotori al Maddox Wing test, ma sembrava normalizzarsi con la manipolazione di alcune parti del corpo. Un altro paziente presentava una direzione dello sguardo preferenziale senza apparenti spiegazioni dal punto di vista oculomotorio.

Consultai la bibliografia internazionale alla ricerca di casi simili, ma non trovai nulla. Così iniziò la mia collaborazione, che io vivevo come una “sfida” scientifica.

 

 Il collegamento tra sintomi oculomotori e SDP

In pochi mesi, scoprimmo insieme la relazione esistente tra sintomi oculomotori e SDP. La notizia si diffuse rapidamente e giunse all’orecchio del Dott. J.B. Baron, neuro-oftalmologo a capo di un laboratorio di ricerca di Parigi, che venne personalmente a Lisbona per discutere con noi della ricerca. Era interessato perché lui stesso stava lavorando a un tema simile. Ci mostrò come un prisma a base esterna di 2 diottrie posto sull’occhio sinistro potesse migliorare l’insufficienza di convergenza. A quel tempo, si pensava che per correggere la divergenza oculare fossero utili unicamente i prismi a base interna. Così, decisi di provare il prisma suggerito da Baron in un altro caso di insufficienza di convergenza, ma non funzionò…

A mio supporto, avevo però i risultati della mia ricerca e compresi che i due pazienti analizzati avevano sì gli stessi sintomi, ma questi appartenevano a un diverso tipo di SDP. Di conseguenza, ciascuna forma di SDP doveva essere trattata con un tipo specifico di prismi attivi. Proseguendo con la mia ricerca, sono poi riuscito a stabilire delle regole precise per la prescrizione di prismi attivi.

I prismi attivi non sono usati solamente per trattare la dislessia: vengono impiegati per il trattamento di tutti i casi di disfunzioni propriocettive, di cui la dislessia è solo un esempio.

La novità è un mutato concetto di dislessia, che viene riconosciuta come un problema della percezione indotto da una disfunzione propriocettiva. Quelle che, nella bibliografia tradizionale, sono considerate cause della dislessia non sono in realtà nient’altro che – al massimo – fattori predisponenti.

La maggior parte dei dislessici che ho seguito e osservato, tranne rari casi di evidenti disturbi organici, presentavano degli evidenti disturbi propriocettivi. Quasi tutti rispondevano positivamente al trattamento per ri-tarare il sistema.

 

 Come è accolto a Lisbona il suo metodo?

Sono passati quasi 40 anni e nella mia clinica in centro a Lisbona si continua a lavorare sodo. Io e i miei collaboratori abbiamo molto da fare, perché per fortuna la nostra tecnica ha avuto molto successo non solo a Lisbona ma in tutto il mondo: Belgio, Svizzera, Marocco, Canada, Messico, Colombia e non solo. In Francia, Italia, Spagna, Brasile, Argentina molte università di prestigio stanno introducendo i prismi attivi nei loro corsi di posturologia.

 

 Qual è la sua opinione in merito agli strumenti di sostegno generalmente utilizzati con i ragazzi dislessici?

I normali strumenti di sostegno che vengono di solito somministrati ai bambini dislessici possono essere utili a nascondere alcuni sintomi della dislessia, ma non a trattarla. Per trattare correttamente la dislessia dobbiamo eliminare le cause, ovvero la mancanza di propriocezione. Alcuni dei metodi “tradizionali” possono essere utili come stimoli complementari, ma solo dopo la correzione della propriocezione. I farmaci devono essere evitati perché molti di loro, come il metilfenidato, presentano dei rischi.

 

 Per cos’altro possono essere utili i prismi percettivi attivi?

I prismi percettivi attivi agiscono unicamente sulla propriocezione, ma riescono tuttavia a risolvere diverse patologie di conseguenza. Il sistema propriocettivo è responsabile della corretta interazione di tutti i nostri sensi. Molti sintomi possono sembrare imputabili a malattie indipendenti. Per questo i prismi percettivi attivi possono trattare sintomi quali vertiginicapogiri, instabilità, mal di testa, mal di schiena, dolore toracico, brachialgia, emicrania, dolore plantare, Sindrome di Raynaud, pallore, ‘goffaggine’, disordini temporomandibolari (disturbi dell’ATM).

I prismi percettivi attivi, dunque, non sono usati solo per trattare disortografia, mancanza di attenzione, iperattività, disgrafia, insufficienza di convergenza. Sono adatti per tutti i sintomi che integrano la Sindrome da Deficit Posturale. Ribadisco: i prismi percettivi attivi trattano molti sintomi, ma una sola malattia: la Sindrome da Deficit Posturale.

 

 Come funzionano in concreto e dopo quanto tempo risultano efficaci?

L’efficacia del trattamento è molto elevata, ma i prismi percettivi da soli non bastano. I prismi agiscono sulla visione, ma anche gli altri sensi hanno bisogno di essere riprogrammati e ri-tarati: ad esempio, intervenendo con plantari e strumenti ergonomici ecc. Nei dislessici, il trattamento è completato dalla formazione cognitiva.

Non è possibile stabilire un ‘tempo di guarigione’: dipende dal paziente e dalla rapidità con la quale il suo sistema propriocettivo inizia a difendersi dalle “aggressioni” esterne. I primi effetti si riscontrano, nel giro di pochi secondi. Sono evidenti sul corpo e la motricità, sull’equilibrio, sulla localizzazione visiva egocentrica, sulla convergenza degli occhi e l’apertura della bocca, sulla scomparsa di dolori alla schiena e cervicali e del pallore. Per le difficoltà di apprendimento gli insegnanti riscontrano progressi dopo 3 settimane, ma i test psicologici vanno validati a distanza di 4 mesi.

 

 Che consigli si sente di dare ai genitori che scoprono di avere un figlio con disturbi specifici dell’apprendimento?

Se il bambino è intelligente ma ha cattivi risultati a scuola, la causa potrebbe essere la dispercezione. In tal caso la soluzione esiste, basta rivolgersi allo specialista adeguato.

 

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